Capire cosa stanno diventando queste economie, quale tipo di organizzazione sociale stanno progettando, è altrettanto importante che interrogarsi sul ruolo delle nostre industrie e dei nostri sistemi produttivi. Serve a capire come cambia il mondo e qual è il posto che ancora, forse, ci è riservato.
Libri come “Economia del Brasile”, sono molto utili, in questa prospettiva, perché aiutano a fare il punto della situazione. Fino a ieri il Brasile era associato, nel nostro immaginario, all'idea della povertà assoluta e della disuguaglianza sociale estrema. Un paese di favelas abbarbicate attorno ai quartieri ricchi di San Paolo o ai grandi alberghi di Ipanema e Copacabana. Un paese di fazende gigantesche e contadini sem terra.
Poi abbiamo sentito parlare della Fiat brasiliana come azienda produttiva, dell'Embraer come terzo competitore mondiale nella fabbricazione di aeroplani, di università brasiliane che studiano il genoma… Abbiamo visto emergere strutture di dimensioni gigantesche, come Jbs, che oggi possiede una sorta di monopolio mondiale della carne, assieme a Petrobras e Vale do Rio Doce, che svolgono attività di avanguardia nella ricerca petrolifera e nel settore siderurgico. Infine abbiamo sentito parlare di distretti brasiliani, rivolti al mercato interno (per fortuna), che crescono attorno a prodotti e servizi molto simili a quelli sui quali siamo forti noi.
E ci siamo sentiti orgogliosi di sapere che molte piccole imprese brasiliane di successo hanno un'origine italiana, soprattutto negli stati del sud. Oggi dobbiamo fare i conti con una realtà economica che corre. Con molti problemi e molte difficoltà, ma anche con molte più speranze e opportunità di quanto non crediamo. Con una buona gestione dello stato e dell'economia, con un consenso sociale che ci sogniamo.
Il libro di Goldstein è un'ottima occasione per approfondire, per documentarsi senza pregiudizi, per andare oltre le informazioni parziali e sbagliate che ancora abbiamo. Sul Brasile. In particolare, il libro offre una chiave di lettura sull'intreccio tra buon governo federale e ruolo degli stati che, mutatis mutandis, sono equivalenti alle nostre regioni. Può essere che noi italiani, ed europei, abbiamo qualcosa da imparare da un paese che, anche dal punto di vista istituzionale, si muove a una velocità doppia rispetto alla nostra. Ad esempio nella gestione del patto interno di stabilità o di “responsabilità”, come lo chiamano i brasiliani. Il dibattito con Goldstein potrebbe offrire davvero spunti interessanti.