E ' a sud la nuova frontiera di Barilla. Leader in Italia e in Europa con un giro d'affari che vale l'80% del fatturato totale, in ascesa negli Usa (dove detiene il 27% del mercato con due stabilimenti per la produzione), il gruppo alimentare di Parma guarda all'America Latina e in particolare al Brasile, sesta potenza mondiale, con 200 milioni di abitanti di cui circa 30 milioni di origine italiana.«Il Brasile rappresenta un capitolo nuovo su cui abbiamo deciso di puntare con decisione - afferma il vicepresidente Paolo Barilla - Una realtà vicina per affinità di gusto e con una tradizione della pasta già consolidata.
Rappresenta un mercato in salute dove si respira grande entusiasmo, elemento che manca da alcuni anni in altre economie. Per cui, dopo un periodo che ci è servito per prendere confidenza e maturare esperienza, investiremo destinando risorse per la crescita su linee interne, per finanziare e spingere i nostri prodotti puntando sulla distribuzione e dando loro visibilità. Contiamo di poter avere, nei prossimi dieci anni, una presenza importante ».
Una nuova proiezione internazionale per Barilla, dunque, confermata dalle previsioni di passare dal 5% di quota di fatturato oggi realizzata fuori da Europa e Nord America, al 20% entro il 2020. E’ stato proprio questo il primo annuncio del nuovo amministratore delegato Claudio Colzani, arrivato a Parma a fine 2012 dopo una lunga esperienza internazionale da top manager in Unilever.
A lui la famiglia Barilla ha affidato le leve del riposizionamento del business di quella che dovrà diventare una 'vera e globale multinazionale italiana' leader nel primo piatto. Una strategia che fa seguito alla ridefinizione del perimetro d'azione del gruppo con la cessione delle panetterie Kamps, la dismissione del ramo logistica Number One, la prossima vendita della consociata tedesca Lieken e l'assicurazione che Barilla non intende entrare nella piattaforma distributiva.
Una sforbiciata a marchi e asset per puntare sul core business, sulle 'cose che sappiamo fare meglio' come amano ripetere i fratelli Guido, Paolo e Luca. E fra queste c'è indubbiamente la pasta. Oggi Barilla controlla 43 stabilimenti (di cui 30 all'estero) e ogni anno commercializza 2,5 milioni di tonnellate di prodotti alimentari con i brand Barilla, Mulino Bianco, Voiello, Pavesi, Academia Barilla, Wasa, Harrys (Francia e Russia), Lieken Urkorn e Golden Toast (Germania), produce circa un milione di tonnellate di pasta vendute in oltre 100 Paesi nel mondo. «Un mondo - come osserva Colzani - che si sta spostando da nord a sud e verso est. Ci sono milioni di nuovi consumatori che entrano nella fascia media. Vogliamo diventare leader anche se non a tutti i costi ma salvaguardando il rispetto dell'ambiente e la qualità dei prodotti».
L'obiettivo è dunque crescere all'estero (dove già si realizza il 57% del fatturato) anche perché sul mercato interno pesano il calo dei consumi e le politiche di sconto della grande distribuzione erodono i margini. Ma il mercato italiano resta centrale: Barilla è la prima pasta nelle case del Bel Paese con una quota di gruppo del 34%, seguita a distanza dalle private label ferme al 18%. «Non vogliamo trascurare il mercato domestico precisa Paolo Barilla a scanso di equivoci - perché l'identità aziendale nasce sempre dall'essere forti in Italia: se ci troviamo bene qua, andiamo fuori con più fiducia. L'italianità del prodotto è importantissima e deve rimanere al centro dei nostri pensieri.
In questa situazione economica bisogna essere ancora più determinati a valorizzare il nostro Paese. Da parte nostra c'è moltissima attenzione allo sviluppo internazionale, e la pasta ha in sé un'opportunità straordinaria perché è il prodotto tricolore più desiderato». La dimostrazione è nei fatti: a ottobre è stato inaugurato lo stabilimento sughi di Rubbiano in provincia di Parma, un esempio di come si possa ancora investire in Italia anche con l'obiettivo di aumentare la presenza sui mercati esteri di sbocco. La scommessa sul Brasile mette però apparentemente in secondo piano i precedenti piani di sviluppo nel lontano oriente.
Ma può mancare l'Asia nell'ottica di una espansione globale del primo piatto italiano? Tanto più che è lì che l'Aidepi, l’associazione industriale di settore, registra nel 2012 la maggiore crescita per le vendite di pasta italiana dopo l'Europa (export +11,4%) con un trend che in Cina, in soli sette mesi, ha visto quasi raddoppiare l'importazione dall'Italia. La risposta in casa Barilla è che l’Asia resta tra gli obiettivi ma gradualmente.
Ora l'azienda punta innanzitutto ad accrescere la familiarità verso un prodotto molto amato e consumato fuori casa, ma ancora con una bassa diffusione per il consumo domestico. «Non si può far tutto, è meglio concentrarsi ed essere più rilevanti in un luogo e abbiamo scelto il Brasile», rimarca il vicepresidente. Quello a Oriente sarà dunque un percorso di crescita calibrato, predisposto da una realtà imprenditoriale a controllo familiare, non quotata in Borsa, che ha la possibilità di predisporre progetti a lungo termine.
Non avere la pressione dei conti trimestrali permette di lavorare più sul lungo periodo, sottolineano dall'azienda. Come ha ricordato di recente il presidente Guido Barilla, nelle cucine orientali mancano anche i più elementari strumenti per cuocere un piatto di spaghetti, dalla pentola allo scolapasta. «Stiamo studiando il mercato cinese, il consumatore e il nostro possibile posizionamento per uno sviluppo corretto e adeguato. I prodotti ready meals - ribadisce Paolo Barilla - sarebbero più appetibili». Un mercato paese che invece già garantisce grandi soddisfazioni a Barilla sono gli Stati Uniti: «Siamo contenti di come sta andando negli Usa dove ci sono ottime possibilità.
Dopo i ready meals continueremo a investire nell'innovazione di prodotto, compresa la novità di un primo ristorante dedicato che aprirà i battenti in autunno a New York. Nessuna acquisizione è invece prevista: abbiamo la possibilità di compierle in termini finanziari ma attualmente non abbiamo niente di concreto. Ne faremo nei prossimi anni, sicuramente non nel corso del 2013». La multinazionale ha chiuso il 2012 con un aumento del fatturato del 3% rispetto ai 3.916 milioni del 2011 anche se l'utile (76 milioni nel 2011) registrerà una contrazione visto che gli aumenti dei costi non sono stati trasferiti ai consumatori. «Siamo in linea con l'anno precedente. Abbiamo lavorato per mantenere stabilità e riuscirci in momenti così difficili è già un grande risultato».
E il 2013? «E’ iniziato discretamente», risponde cauto Paolo Barilla. Quest’anno poi è anche il centenario dalla nascita di Pietro Barilla e c'è una sua frase in particolare che la quarta generazione della famiglia ama ricordare: «Andiamo avanti, andate avanti, con coraggio». Il presidente del Gruppo Barilla, Guido Barilla. Il bilancio si è chiuso con una crescita del 3% sui risultato 2011.